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𝑵𝒆𝒔𝒔𝒖𝒏𝒐 𝒅𝒊 𝒏𝒐𝒊 è 𝒖𝒏 𝒆𝒓𝒓𝒐𝒓𝒆 𝒅𝒊 𝒇𝒂𝒃𝒃𝒓𝒊𝒄𝒂

Quando ero bambina mi hanno detto che nella vita sarei potuta essere chi volevo e come volevo.

Questa era una mezza verità, perché chi mi diceva ciò, in realtà, già possedeva un’idea abbastanza chiara e precisa di cosa io sarei dovuta diventare. Loro, l’avevano già deciso, mi avevano predestinata. Nel momento in cui ho scelto di agire secondo i miei valori, quelle persone hanno cominciato a criticare il mio modo di mangiare, di vestire, di vedere, di operare, di pensare, di vivere...

Prima non capivo, subivo.

Tante volte mi sono messa in discussione cercando di capire cosa non andasse in me.

Beh, ora posso affermare che io non ero sbagliata.

Ho compiuto le mie scelte e fatto anche errori le cui conseguenze mi hanno segnata a vita, mentalmente e fisicamente, ma il problema di quelle persone, le quali affermavano che sarei potuta essere qualsiasi cosa avessi voluto, era proprio questo: dal momento in cui nacqui mi avevano cristallizzata in un ruolo, in una figura per loro ideale, che avrei dovuto rappresentare.


Costoro non avevano fatto i conti con la possibilità che le mie scelte personali, mi avrebbero portato a mangiare, vestire, agire, pensare e vivere in modo differente da come loro si aspettavano.

Cosa ha generato ciò? Tanta incomprensione.

Hanno cominciato tutti a dire che il mio modo di vivere, non era adeguato. Il mio modo di pensare era troppo alternativo, troppo “illuminato”, a detta loro.

Non vivendo come queste persone pensavano che avrei dovuto, hanno tutte cominciato a giudicare “errato” il mio punto di vista, il mio mondo.

A malincuore devo dire, che questo accade tutt’ora. Ma se prima ero solo una bambina timida e debole, che pensava di essere sempre “quella sbagliata” – pur considerando il fatto che trovo assurdo attribuire tale aggettivo ad un essere umano - ora sono una donna autonoma e consapevole.

Consapevole del fatto che ognuno di noi compie le proprie scelte, forgiandosi una propria identità.

Le persone che ci conoscono da sempre, specie i familiari, spesso e purtroppo, ci cristallizzano nella loro idea di come noi dovremmo diventare e se questi, si rifiutano anche solo di provare a comprendere il nostro mondo ed incontrarci nel nostro “punto vivo”, direbbe finemente Pirandello, ciò significa che in effetti quelli desideravano solo e tristemente, che noi saremmo dovuti essere ciò che loro avevano immaginato, per essere pienamente apprezzati o supportati. Questo perché è più semplice, in effetti, confermare le proprie aspettative e prospettive, piuttosto che rivalutarle in chiave diversa. E specifico “diversa”, perché le previsioni effettuate non devono essere necessariamente stravolte, bensì rivalutate.

È difficile da accettare, perché in questi casi, ci si trova a scontrarsi sempre con persone che pensano che tu compia solo errori.

Ho imparato, a mie spese, che lo scontro, se improduttivo, non è la soluzione. Se la conversazione inizia ma l’altro non si predispone all’ASCOLTO perché, convinto della sua posizione, già sa che non proverà nemmeno a comprendere ciò che viene detto dalla controparte, allora tanto vale non iniziare proprio a parlare, in quanto il risultato sarebbe, con probabilità fin troppo alta, una litigata...e litigare non è bene...dialogare si, litigare no!

Solo che per dialogare, ambo le parti devono mettersi in discussione.

Non è facile, vivere con persone che si rifiutano di intenderci come noi vorremmo.

Ciò che possiamo fare è non pretendere tutta la vita che esse capiscano le nostre scelte ... perché probabilmente, non avverrà mai.

Diviene importante, invece, vivere la nostra vita, convinti di ciò che stiamo facendo pur rimanendo sempre pronti a metterci in discussione e predisponendoci ad ascoltare l’altro nel caso in cui egli abbia qualcosa da dire. Il tutto però, senza pensare di essere necessariamente noi dalla parte del torto.

Nessuno di noi è un “errore di fabbrica”.

-Giulia, Akali Pavan

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