𝑮𝒖𝒂𝒓𝒅𝒂𝒓𝒆 𝒂𝒗𝒂𝒏𝒕𝒊 𝒆 𝒔𝒆𝒏𝒕𝒊𝒓𝒔𝒊 𝒍𝒊𝒃𝒆𝒓𝒊
- Dott.ssa_Akali - Balance Olistic Coach

- 20 dic 2020
- Tempo di lettura: 3 min
Aggiornamento: 22 ott 2021
Fin troppo spesso abbiamo l’impressione di essere succubi del passato.
Sentendoci schiavi del tempo, che sembra non bastare mai, o dei nostri errori, che ci appaiono sempre fin troppo gravi per poter anche solo pensare di poter “guardare avanti”, auto-vincoliamo il nostro presente ad ogni singola azione che abbiamo messo in atto e ad ogni sentimento che abbiamo provato.
In realtà, quando ci troviamo faccia a faccia con quello che rappresenta il nostro vissuto, abbiamo due possibilità: imparare a riconoscere ed accettare, scegliendo di “andare avanti” o continuare a crogiolarci nel letto, rimanere nella nostra “comfort zone”, passivi, aspettando che qualcosa accada e spazzi via ciò che ci ha fatto cadere in quel vortice, quella sensazione di aver sbagliato o di non aver fatto abbastanza; quella consapevolezza che se avessimo intrapreso un’altra strada, sarebbe andata in modo differente.
Auto-assoggettarsi al passato potrebbe essere deleterio ed impedire alla persona di vivere a pieno il presente; la stessa conseguenza si potrebbe presentare pensando eccessivamente al futuro, ovvero a “cosa accadrebbe se…”.
Ciò che inibisce la nostra capacità di “essere” e non solo “esistere” nel qui ed ora, è la paura.

Abbiamo paura di sbagliare, di scegliere, di provare ed esprimere sentimenti.
Abbiamo il terrore di noi stessi, di ciò che saremmo in grado di fare se avessimo il coraggio di metterci in moto ed agire come vorremmo, secondo i nostri principi e valori.
Viviamo l’incubo dell’Altro, del “diverso”, di ciò che potrebbe pensare di noi.
Scegliamo arbitrariamente di abitare nella “paura di”, fino a diventare personificazioni della paura stessa; incarnazioni umane di quello che viene definito uno stato emotivo consistente in un senso di smarrimento ed ansia di fronte ad un pericolo reale o immaginario o dinanzi ad una cosa, ad un fatto che è o si crede dannoso: più o meno intenso secondo le persone e le circostanze, che assume il carattere di un turbamento forte ed improvviso, il quale si manifesta persino con reazioni fisiche, se il pericolo si presenta in modo inaspettato.
Il problema più grande che ha generato tutta questa inquietudine, è che siamo giunti a temere la vita e non la morte.
Abbiamo paura di sentirci troppo vivi perché non sappiamo come viverla questa vita. Desideriamo costantemente più di ciò che già possediamo, inconsapevoli che, forse, ciò che abbiamo è sufficiente.
Dunque, guardiamo avanti, ma non troppo.
Guardiamo indietro, senza farci sopraffare.
E viviamo il presente, l’unico che possiamo ancora controllare.
Solo in questo modo potremo sperare di sentirci “liberi”: di amare, di esprimere noi stessi, di sognare, di provarci, di giocare come bambini, di fare ciò che sentiamo, di essere noi stessi, completamente.
Non vergogniamoci per ciò che siamo.
Cominciamo a cercare la luce che risplende dentro di noi. Non sempre è evidente, ma è lì, silenziosa, senza far rumore, che aspetta solo di essere trovata.
Quante volte ci siamo guardati allo specchio oggi? Forse una decina.
E quante volte ci siamo fermati per dirci “sono fiero/a di me”? Molto probabilmente... Nessuna.
Ecco. Nessuna.

In questo mondo che urla sempre di più a causa del Covid-19, ci viene richiesto di rimanere “aggiornati” e costantemente “online”, rendendo necessario l’essere veloci, rapidi, flessibili, scattanti, iper-efficienti.
In questa situazione globale che sembra introiettare dentro ognuno di noi schemi di vita già predestinati, dobbiamo imparare a fermarci davanti allo specchio ogni tanto, fare un respiro profondo e guardarci negli occhi.
Dobbiamo riflettere sul passato e visualizzare il presente per capire quanta strada abbiamo già percorso ed in che modo, nonché riuscire ad agire e poter aprire le porte ai possibili futuri.
Seguendo questa via, fissando quella figura davanti a noi, che fin troppe volte tendiamo a disprezzare, riusciremo finalmente a dire, a noi stessi “oggi sono fiera/o di me. Sono libera/o. Sono Me”.
-Giulia, Akali Pavan


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