Mi è sempre piaciuto viaggiare. Mi è sempre piaciuto viaggiare con il corpo e con la mente. Essere fisicamente in quel posto, ma mentalmente in molti altri, contemporaneamente.
Mi è sempre piaciuto viaggiare per imparare.
Imparare cose nuove, sugli altri e su me stessa.
Viaggiare mi fa scoprire le parti più nascoste del mio essere, ma non in modo brutale, come spesso accade nella vita quotidiana.
Tu sei lì, su quel treno o quell’areo, circondato da mille persone ... Eppure, in realtà sei solo, immerso nei tuoi pensieri.
Il tempo scorre, ma per te è come se si congelasse.
Sei lì, fermo, a riflettere su tutto ciò che ti è capitato e potrebbe capitarti, sulle azioni svolte e su quelle che compirai.
Sei lì, immobile, magari con le cuffie alle orecchie ed il tuo caffè caldo in mano che scalda le tue mani gelide per il freddo.
Sei lì, con lo sguardo che sembra essere perso nel vuoto, come se fossi in uno stato di trance.
Eppure, mentre gli altri parlano, tu sei semplicemente nella tua bolla. Una bolla fragile, che a momenti potrebbe scoppiare.
Tu potresti scoppiare.
E invece rimani lì, attonito, a pensare solo tu sai a cosa.
Amo viaggiare. Perché so che tutti i miei viaggi, sicuramente, mi porteranno in luoghi sconosciuti da rivelare, esplorare e far brillare.
Viaggiando, in qualche modo, mi sento di donarmi rispetto.
Sì, “rispetto”, dal latino “respectus”, derivante da “respicere”. Significa letteralmente “guardare indietro”.
È un sentimento, un atteggiamento che nasce dalla consapevolezza del valore di qualcosa o di qualcuno.
Si chiede rispetto, si porta rispetto, si merita, si esprime, si manca di rispetto.
Passo dopo passo, procediamo in avanti e la nostra attenzione è sempre focalizzata lì, su quella luce infondo ad un vicolo scuro.
Ma a volte indugiamo, il passo diventa più lento e i pensieri si affollano nella nostra mente. Ecco, è lì che viene fuori il rispetto, nonché quel momento di dubbio, di ricerca, di riflessione che ci ferma, anche solo per un attimo.
Voltandoci, abbandonando un istante la prospettiva della nostra corsa, del nostro volo, improvvisamente ci si presenta tutto ciò che avevamo tralasciato, quell’enorme cattedrale di sentimento, di pensiero, di valore che non esiste fuori dalle considerazioni del rispetto.
Il rispetto non ha il tono assoluto della dignità e non si può chiedere, perché se lo si fa, si stronca: chiedendo, richiamando ... si può suscitare stima o riguardo.
Ma la cifra del rispetto sta in quell’istantanea, spontanea, intima volontà di voltarsi.
Chi camminando nel bosco si volta, e vede nell’insieme le proprie tracce, i profili degli alberi in controluce, il silenzioso vivere ... chi ad un funerale sa quando sorridere o dire col corpo ciò che le parole esprimerebbero in modo troppo rude ... chi pur nelle ombre di un’istituzione ne scorge la storia ... chi, nel pieno del proprio turbine di impegni giornalieri, si ferma a riflettere, facendo spuntare un leggero sorriso sul proprio volto, perché ha acquisito la consapevolezza di quanti passi avanti ha fatto ... questi sanno il rispetto.
È vero, a volte la motivazione vacilla e dobbiamo ricordarci di non crollare.
Quando ci sentiamo al limite delle nostre capacità, abbiamo due possibilità:
→ mollare ed arrenderci;
→ essere resilienti e soprattutto resistenti.
Resistere non significa contrastare qualcosa fino a distruggerci, perché la resilienza che possediamo noi esseri umani, a volte non basta per risanarci.
Si tende, con scarsi risultati, ad intervenire quasi sempre sulla resilienza, ovvero quando il danno è fatto, non capendo che invece, bisognerebbe prevenirlo, migliorando la propria resistenza psicofisica.
A volte è dura, ma è necessario tenere bene a mente quali sono i nostri obiettivi, per poter superare i nostri limiti.
Ora più che mai ama il viaggio, rispettati, non mollare mai.
-Giulia, Akali Pavan
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